"Vai...e non voltarti indietro"

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CAT_IMG Posted on 25/2/2010, 14:00


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Boston Ballet






Isabel

La danza è una poesia dove ogni movimento è una parola.
(Ilir Shaquiri)



La Boston Ballet era situata all’incrocio tra Warron Ave e Clarendon Street. Era un edificio classico, dall’aspetto rigido e solenne. Vantava della presenza di ampie vetrate, che si affacciavano direttamente su una comune via affollata di Boston, ed era costruito in mattoni rossi.
Davanti all’entrata, in quella gelida giornata di Febbraio, c’erano alcuni ragazzi che discutevano apertamente o semplici lavoratori che si concedevano una pausa, leggendo il giornale.
«Fa uno strano effetto» commentò Rob, indietreggiando per osservare meglio la scritta all’entrata, posta sopra la porta d’ingresso.
«Ti senti piccolo» aggiunse Kristen «inutile, vuoto…»
«Abbiamo capito il senso» replicai secca, prima che potesse continuare ad informarci sul suo attuale stato d’animo. «Entriamo o vogliamo rimanere qui fermi fino alle nove di sera?»
«Non sarebbe una cattiva idea» Rob guardò perplesso l’edificio e sobbalzò quando un gruppetto di ragazze uscì dalla porta «chi è il genio che ha avuto quest’idea?»
«Tu» io e Kristen rispondemmo in coro, voltandoci a guardarlo.
I suoi occhi azzurri inizialmente rimasero inespressivi ma, in seguito, si alzarono al cielo spazientiti «Ok, avete ragione! Entriamo!» con passo felpato si diresse verso la porta e la spalancò.
L’interno, al contrario dell’esterno, era molto più elegante. Un lampadario classico illuminava la stanza e un tappeto rosso era posto proprio vicino all’entrata, dove vi erano anche alcuni vasi. Proprio nella parete di fronte alla porta c’era una reception e una donna dal volto annoiato teneva tra l’orecchio e la spalla la cornetta del telefono, giocherellando distrattamente con il filo. Appena ci notò il viso rimase inespressivo e dovettimo aspettare un paio di minuti, prima che abbassasse la cornetta e si rivolgesse a noi.
«Che cosa volete?» domandò, facendo scorrere lo sguardo su tutti e tre.
Fu Rob a prendere la parola e le spiegò che eravamo lì per l’audizione. Lei annuì seccamente e gli spiegò dove si tenevano.
«Simpatica» commentò con una smorfia Kristen, appena non fummo più udibili.
Salimmo le scale fino al terzo piano e seguimmo le indicazioni della donna. Notammo molti ragazzi che scendevano le scale e o camminavano frettolosamente nei corridoi, con un foglio nella mano destra e un borsone in quella sinistra.
«Ehi, scusa» un ragazzino moro ci fermò, rivolgendosi a Rob, «sai dov’è la stanza delle audizioni? Sto girando a vuoto da un quarto d’ora».
«La stiamo cercando anche noi» Rob alzò le spalle e gli scoccò una rapida occhiata incerta «la donna alla reception ci ha detto che era a questo piano».
«Oh, io mi vergognavo a chiederlo!» lui ci mostrò un gran sorriso e mi diede l’impressione di essere un po’ tocco, in particolare quando porse pomposo la mano a Rob, proclamando con fare solenne «in ogni caso piacere, io sono Alex. Sono qui per il provino di jazz!»
«Rob» Rob gli sorrise e si voltò alla sua sinistra «lei è Kristen e lei Isabel»
Strinsi la mano del ragazzino, squadrandolo bene. Aveva capelli castani e occhi di un verde cupo, più grandi del normale. Era così magro da dar l’impressione di esser denutrito ma cercai di non guardarlo troppo a lungo e seguii Rob fino all’ultima porta a destra.
Entrammo in una stanza quadrata, completamente affollata da ragazzi. Molti erano seduti, con un numero nella maglietta, altri invece stavano in piedi. La maggior parte delle persone non sembravano conoscersi, visto che si guardavano in giro spaesati e pochi parlavano. Allo stesso modo, anche tra i pochi che sembravano conoscersi, non c’era molta conversazione e avevano tutti gli sguardi fissi su una porta chiusa in fondo della stanza.
«Oddio!» Alex avanzò «non pensavo ci fosse così tanta gente!»
Lanciai uno sguardo perplesso a Kristen che, in risposta, alzò le spalle e nascose il sorriso appena apparso con la mano.
La Boston Ballet School era nota per essere una delle scuole di ballo più famose in tutto il mondo. Pochi vi entravano, solo una ventina di ragazzi all’anno, e, certamente, questi erano ritenuti i migliori nelle diverse categorie di danza tra cui le più importanti erano classico, jazz, moderno e hip hop.
«Prendiamo il numero!» Kristen mi scosse per il braccio e mi trascinò verso il lato destro della stanza, dove si era venuta a creare una fila e un ragazzo distribuiva cartellini e appuntava qualcosa in un foglio.
«Ce l’hai il modulo?» frugai dentro la borsa mentre il ragazzo mandava via alcune persone che ne erano prive.
«Moduli?» Alex, appena spuntato alle nostre spalle, ci guardò spaesato.
«Si, bisognava compilarlo prima di fare l’audizione» rispose seccamente Rob e tirò fuori dal borsone il suo «almeno hai appuntato il tuo nome alla lista qualche giorno fa?» si voltò a guardarlo con la fronte aggrottata e tirò un sospiro di sollievo quando il ragazzo fece segno di si.
Ci vollero una decina di minuti prima che la coda diminuisse e, quando arrivammo davanti al ragazzo, gli porgemmo i moduli, ad eccezione di Alex che fu costretto a compilarlo in disparte.
«Che categoria?» si voltò frettolosamente verso Kristen.
«Classico» rispose lei sicura e accettò il numero che le porse, indicandole la stanza dove doveva dirigersi.
Ci salutò in fretta, prima di scomparire tra la gente. Robb prese il suo numero con Alex ma entrambi rimasero in quella stanza, gestita apposta per le audizioni di jazz.
«Tu?» infine si voltò verso di me, guardando il modulo che avevo compilato.
«Hip hop» risposi in fretta e presi il cartellino con il numero, ascoltandolo le sue indicazioni per raggiungere la stanza.
Mentre superavo la folla di ragazzi sentii alcune critiche per il modo in cui erano stati gestiti i provini. La maggior parte si lamentava per la scarsa organizzazione dei corsi, altri per il personale addetto. Quando uscii dalla stanza trassi un gran respiro e mi avviai sicura nel corridoio, giungendo all’angolo che mi aveva indicato il ragazzo.
“Deve essere qui” aprii la prima porta a sinistra ma la trovai vuota.
«E’ stato spostato» una voce, proveniente da dietro le mie spalle, mi fece voltare.
Un ragazzo con in mano una scopa aveva appena voltato l’angolo e si stava avvicinando a me. Indossava una tuta blu e un capellino che gli copriva parte del viso. Era un addetto alle pulizie e, sicuramente, stava pulendo i bagni qualche istante prima.
«Mi hanno detto di venire qui…» guardai poco convinta la porta vuota.
«Sei la centesima che avverto» lui sbuffò e, quando fu abbastanza vicino, notai che aveva occhi marroni, quasi neri. «hanno cambiato stanza perché questa era troppo piccola. Il provino di hip hop si svolge al piano superiore» m’informò, indicando le scale.
«Grazie» gli sorrisi e gli porsi la mano «Isabel».
Corrugò la fronte e, dopo alcuni secondi di incertezza, mi porse la sua, pulendosela con un lembo dell’orribile tuta «Matt» mi osservò, ritirando la mano. «Ti accompagno, ho finito qui» accennò al bagno alla nostra destra e sorrise «d’altronde ero curioso di vedere gli alunni di quest’anno».
«O, per meglio dire, quelli che ci provano» sussurrai, salendo le scale con lui.
Arrivati in cima mi indicò una porta ed entrammo. Era grande, proprio come tutte le altre, ma al centro si era creato un vuoto che fu immediatamente colmato quando i professori chiamarono una fascia di persone, che andava dal numero cinquanta fino al settanta. Venti ragazzi si staccarono dalle pareti e si posizionarono al centro per ballare. Guardai il mio numero con un sospiro di sollievo. Avrei dovuto aspettare solo tre giri, essendo il numero “123”. Mi appoggiai alla parete, accanto ad un ragazzo nero con rasta, e guardai i ballerini che si esibivano. Molti furono scartati immediatamente dai professori alla quale bastava solo urlare il loro numero per cacciarli fuori. Solo cinque resistettero più di cinque minuti ma, alla fine, vennero presi solo in due. Era solo la prima audizione e, certamente, ciò non significava che erano dentro la scuola. Ce ne sarebbero state altre due, molto più dure.
Passò una mezzora prima che un uomo calvo, con occhiali spessi, chiamasse: «dal 120 al 140».
Con un sospiro mi avviai al centro della stanza, attaccando il cartellino alla maglietta. Guardai una ragazzina minuta che si era posizionata alla mia destra e scrocchiava le dita delle mani con aria nervosa. Quando alzai lo sguardo e lo posai sulla parete di fronte mi resi conto della presenza dell’addetto alle pulizie che guardava la scena con interesse. Mi ero persino dimenticata il suo nome, tanto era l’ansia.
La musica mi riscosse dai miei pensieri e cominciai a ballare, anche se con più ritardo. Cercai di non guardare gli altri ma mi risultò impossibile. Ogni volta lo sguardo cadeva o sui capelli biondi della ragazza davanti a me, o sullo strano modo di muovere il bacino di un tizio poco distante.
“Che ci faccio qui?” pensai all’improvviso, chiedendomi il perché non mi avessero già scartato.
Nominarono i numeri “135”, “124” e “131” ma nessuna traccia del “123”. La ragazzina bionda si era appena allontanata dal gruppo sollevando una polemica. Continua a ballare, notando che il gruppo si restringeva.
“Balla, non pensare al resto” mentre giravo su me stessa chiusi gli occhi, pur di estraniarmi dal resto delle persone.
Sentivo la stessa ansia di molti anni prima, la stessa paura di sbagliare. Era danza, anche se di categorie diverse.
La danza era tutto questo.

«Pronta?» Jennifer mi sorrise, scostando il sipario.
«No!» esclamai più in un urlo che in una normale risposta.
Lei rise e si sedette a terra, distendendo la gamba per eseguire alcuni esercizi. La guardai per un paio di secondi, come ipnotizzata. Era impossibile che fosse così calma. Dietro quel sipario c’erano più di trecento persone, in attesa che lo spettacolo iniziasse, e lei se ne stava tranquilla a fare gli esercizi, con i capelli castani ritirati in uno chignon e il volto più rilassato del mondo, come se stesse giocando a carte.
Mi alzai in piedi e mi guardai allo specchio, aggiustandomi il trucco. Segnai con più decisione la linea nera sotto l’occhio, per farne risaltare il colore grigio, e sfregai le labbra per togliere il lucidalabbra in eccesso.
«Isabel Satchel?» mi voltai sentendo la voce del mio migliore amico, Dean, che avanzava tra i costumi di scena e i truccatori.
«Non è il momento migliore!» Jennifer s’intromise con una risata «che hai dietro la schiena?»
«Non è roba tua!» Dean le fece la linguaccia e tirò fuori da dietro la schiena un enorme mazzo di rose rosse «me le ha consigliate un fattorino, che deficiente che è il tuo ragazzo! Ha persino speso i soldi quando potevo consegnartele io di persona!»
Arrossi non sentendo l’ultima frase. Jennifer emise un ululato di gioia e strappò il mazzo di rose dalla mano di Simone, annusandole «buone!» esclamò, facendolo ridere.
«I fiori sono per Isabel, non per te cara!» le ricordò e, con un gesto che di gentile aveva poco, si riprese il mazzo e me lo porse.
Con mano tremante aprii il biglietto e lo lessi.
“Per la mia principessa. Un bacio dal tuo principe, John.”
Sorrisi e posai il mazzo di rose sul tavolo, accanto al trucco. Preferivo che gli altri ballerini non ne venissero a conoscenza e, in particolare il direttore del corpo di ballo che considerava la presenza di rose rosse pari al viola nei teatri.
«Non dici nulla?» Jennifer mi guardò scossa «io avrei urlato così tanto che anche il principe William a Londra mi avrebbe sentito!»
Evitai di chiederle che cosa c’entrasse il principe William e mi sistemai meglio il vestito, aspettando il segnale per entrare in scena. Arrivò prima del previsto, evitando a Jennifer di aggiungere altro e a me di risponderle con un “tacito” silenzio.
«Oddio, sono nel pallone!» Lily, una ragazzina sui tredici anni, si affiancò a noi e guardò con terrore di fronte a sé «ho visto delle rose arrivare, di chi sono?»
«John» rispose Jennifer al mio posto, con gli occhi a cuoricino, «la nostra amica si fa coccolare!» con fare tragico alzò le spalle, come ad evidenziare la sua attuale situazione da single.
Sorrisi e, quando ci fecero segno di uscire, avanzai verso il palco.
Era buio ma il palco era illuminato da una fievole luce blu. Il fatto che non riuscissi a vedere in faccia le persone sedute in prima fila era un bene, il solo pensiero di trovare mia madre mi terrorizzava.
Una musica leggera partì e nella prima fila cominciarono a muoversi. Seguii il loro stesso movimento leggiadro, isolandomi da tutto il resto. Ci volle un po’ prima che la musica prendesse il sopravvento sulla paura. Quando però accadde mi sentii molto più leggera, come tutte le volte che ballavo.
La danza classica era tutto per me.
Adoravo quel movimento leggero, quello sfiorarsi impercettibili di corpi, quel dolore bruciante al piede a lezione finita. La danza era sudore, dolore, sensazione. Cose negative e positive si annullavano, lasciando una piacevole sensazione di armonia e quiete. Quando danzavo, per lo meno, era così. Mi sentivo in pace con me stessa, in armonia con il resto del mondo, viva.
Le due ore passarono con velocità impressionante. Ci alternammo più volte nei balli e, quando non ero in scena, ero troppo occupata ad aggiustarmi il trucco o lo chignon per preoccuparmi di tutto il resto.
«Magnifici!» urlò George, appena lo spettacolo finì.
Mi diressi nel camerino, ancora eccitata. Da fuori sentivo il rumore di tanti passi che si avviavano verso l’uscita. I miei compagni si stavano cambiando, immersi nelle loro chiacchiere, ma io fui la prima a sfrecciare fuori dalla stanza.
«Dove corri?» Dean, che si era occupato della musica, mi fermò con un sorriso «sei stata fantastica oggi!» aggiunse con gli occhi azzurri lucidi di contentezza.
«Grazie» lo baciai sulla guancia, prima di correre verso l’uscita.
Volevo sentire la sua voce, vedere i suoi occhi. Avevo pensato solo a lui mentre ero lì, al centro di quel palco. Setacciai l’ingresso, dove genitori, parenti e amici aspettavano che i ballerini uscissero. Sapevo che non lo avrei trovato lì in mezzo ed evitai di esser vista, sgaiottolando, fino all’uscita dell’edificio.
«Eccoti» una mano mi prese per il polso e mi fece girare.
John mi spinse contro il muro, con un sorriso sulle labbra. Trassi un gran respiro, ancora affannata dalla corsa, e mi buttai sul suo collo, abbracciandolo con foga «ti è piaciuto?» domandai al suo orecchio.
Si staccò da me e mi prese per mano, accarezzandomi la guancia «che domande…» alzò gli occhi al cielo prima di posarli nuovamente sui miei «e a te le rose?»
Arrossii e mi mordicchiai il labbro «che domande…» risposi come lui, ridendo per poi aggiungere «certo che però avresti potuto darle direttamente a Dean!»
«Volevo fare le cose in grande» mi guardò male e poi si appoggiò al muro, esattamente come me. «Comunque sei sta bravissima, ti ho guardato per tutto il tempo in piedi. C’era anche tua madre, ma è arrivata in ritardo».
Annuii distrattamente e mi voltai a guardarlo. Indossava jeans scuri e una maglietta blu elettrico. I capelli castani sembravano appena usciti da un film d’orrore, tanto che mi chiesi se avesse dormito.
«Stavo lavorando al bar, il padre di Dean però mi ha concesso un’uscita anticipata» spiegò, leggendomi quasi nei pensieri.
«Tutto questo per me?» risi «te l’avevo detto di non venire se eri a lavoro!»
«Ti pare che mi possa perdere lo spettacolo della mia principessa?» fece con una smorfia simpatica, posizionandosi di fronte a me «scommetto che eri nervosissima» inclinò la testa, prendendomi la mano.
Annuii e scrollai le spalle «le rose mi sono servite a calmarmi» spiegai, giocherellando con le sue dita.
«Vieni» John mi afferrò la mano, trascinandomi sulla strada.
Guardai incerta il teatro «mamma mi starà aspettando e poi ho lasciato la roba lì…»
«Te la riporta Dean, ci siamo messi d’accordo prima» alzò le spalle «e tua madre la vedi stasera a casa» tagliò corto, non ammettendo repliche.
Lo seguii restia, attraversando la strada «dove andiamo?»
«A fare un tatuaggio» rispose, come se fosse la cosa più scontata del mondo.
Mi fermai in mezzo alla strada, guardandolo come se fosse scemo. Lui sorrise, gli occhi grigi divertiti dalla mia espressione che doveva essere piuttosto esplicita.
«Ti muovi si o no?» con una risata mi prese per il polso, strattonandomi.
Lo seguii scombussolata, borbottando «poi mi spieghi da dove ti vengono queste idee geniali…»


Finii di ballare con il fiatone. La musica era terminata e, guardandomi in giro, notai che eravamo rimaste in due.
«Voi due passate al secondo giro» l’uomo calvo fece un cenno secco del capo, incitandoci ad uscire dalla sala.
Guardai la ragazza dai capelli rossi che era rimasta con me. Sembrava anche lei incredula ma poi sorrise, esultando. Mi diressi scombussolata verso la porta, non credendoci ancora.
«Sei passata» mi voltai solo quando sentii una voce, proveniente da una parte indistinta dalla mia destra.
L’addetto alle pulizie, di cui mi ero completamente scordata il nome, mi sorrideva complice del fatto che stessi ancora nel mondo dei sogni.
«Cosa?» domandai, non avendo capito.
«Lascia perdere» rise e si appoggiò al muro «sembri appena uscita dalla sala di The Ring, ma penso sia normale».
Non lo seguii e l’unica cosa che riuscii a formulare nella mia mente fu che aveva un bel sorriso. Mi voltai a guardare l’esibizione di altri venti ragazzi e nel farlo realizzai che ero realmente passata. Sorrisi senza motivo e lui parve accorgersene.
«Svegliata dal mondo dei sogni?» mi guardò curioso.
«Mi ci vuole un po’ di tempo per riprendermi» balbettai, arrossendo.
La porta si aprì in quel momento, esattamente alle nostre spalle. Mi scostai per far entrare le persone ma mi sorpresi vedendo che si trattava di Rob e Alex. Quest’ultimo, che neanche mi conosceva, mi saltò praticamente al collo.
«Sono passato!» ululò, stritolandomi.
Mi liberai faticosamente da lui e gli sorrisi «complimenti!» esclamai prima di voltarmi verso Rob che mostrava una faccia totalmente opposta a quella di Alex «che è successo?» domandai, cercando di evitare quella dolorosa stretta al ventre.
«Sono passato» Rob abbassò lo sguardo e si voltò indietro, a guardare Kristen alle sue spalle «lei no».


Edited by ‚lady snow - 11/9/2010, 17:37
 
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,ciri
CAT_IMG Posted on 26/2/2010, 14:26




Teso ho commentato su efp (:
COmunque ..
povera elena :cry:
cattiva che sei :cry:

 
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CAT_IMG Posted on 26/2/2010, 14:53


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Quella non è Elena :lol: La nostra Elena mi sa che la chiamerò Sharon! Il fatto è che non volevo far vedere che era facile entrare nella scuola...se entravano tutti e tre era scontato! Ce ne sono venti di ragazzi che parteciperanno e Rob e Isabel sono gli unici che si conoscono, infilarcene una terza sarebbe stato troppo XD

Tesò ho letto il commento su efp e, appunto per questo, ti devo dire un paio di cose! Come avrai notato qui non ci sta nessun prologo quindi azzardati solo a dire che John è vivo e ti faccio a pezzettini piccoli piccoli. Seconda cosa...tra poco in venvi scoprirai la verità quindi azzardati solo a scrivere qualcosa su di essa e ti decapito direttamente ù_ù (la storia cambia ma il filo è più o meno quello...)

PS: Dove sta il Simone di troppo? Non mi va di rileggereeee! Dio, già so che riempirò la storia di Davide al posto di Daniel e Adriano al posto di Matt!!!!!! :angry:
 
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CAT_IMG Posted on 26/2/2010, 23:33




CITAZIONE
Arrossi non sentendo l’ultima frase. Jennifer emise un ululato di gioia e strappò il mazzo di rose dalla mano di Simone, annusandole «buone!» esclamò, facendolo ridere.

qui teso (:
quando gli da le rose (:

cooooooomunque ù.ù
tranquilla ù.ù
con me sei in una botte di ferro ù.ù
ti devo forse ricordare che tanto ancora non c'ho capito un'H della storia? :lol:
Voglio Danieeeeeeeeeeeeeeel *_________*
 
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PansYeah
CAT_IMG Posted on 27/2/2010, 19:01




OOOO tesò...eccomi....ti devo dire la verità??? già dall'inizio mi piace mooooltoooo di più della prima versione...diciamo il triplo...anzi no..il quadruplo!!!! bravaaaaaaaaaaa.....speriamo che non mi si confondano le idee con tutti sti nomi!!!!!! un bacio e continua presto ogni storia!!! ;) kisss
 
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CAT_IMG Posted on 5/3/2010, 14:55


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Primi Passi






Matt

La semplicità è la gloria dell'espressione.
(Walt Whitman)



«Odio la pioggia» commentò Carl, guardando fuori dalla finestra con espressione vacua.
«Muovi il culo al posto di guardare il paesaggio!» Emily diede un ultima spolverata al tavolo, prima di andare a dare da mangiare al bambino che urlava seduto sul divano. «Possibile che lo devo pulire sempre io, Carl? Ho sposato un uomo o un maiale?»Scoppiai a ridere e mi godetti la scena del mio migliore amico che prendeva in braccio il figlio e lo cullava, rosso in faccia.
«Se non la smetti tra cinque secondi, giuro che ti spacco il culo Matt» mi incenerì con lo sguardo, borbottando quelle parole in modo da non farsi sentire da Emily.
«Quante volte ti ho detto di non usare quel linguaggio di fronte al bambino?» lei spuntò fuori dalla cucina, dove era andata a prendere il biberon, «e non fare quella faccia, lo sai che ti sento anche dal terrazzo».
«La donna dalle mille orecchie» commentai con un sorriso «la chiamavamo così a scuola, ti ricordi Carl?»
«La chiamavamo anche in altri modi, se è per questo» sul suo viso comparve un sorriso ebete, che sparì nell’esatto istante in cui Emily lo incenerì con lo sguardo.
«Mi chiedo ancora come ho fatto a sposarti!» commentò prendendo a pulire per terra.
Guardai quella simpatica scenetta familiare con un sorriso sulle labbra. Carl ed Emily si erano sposati da poco, più o meno un mese, e nonostante le apparenze il loro rapporto era molto forte. La maggior parte delle persone aveva preso la notizia del loro matrimonio con diffidenza, credendo che si fossero sposati solo a causa di un bambino. In parte era così, ma io sapevo che Carl aveva avuto già da tempo l’idea di chiederle la mano. Loro nel contempo se ne fregavano dei pensieri della gente ma ogni volta dovevano lottare con genitori in aperto conflitto tra di loro e, in particolare, diffidenti del matrimonio.
«Vai alla Boston Ballet oggi?» Carl si sedette sul divano, parlandomi mentre costringeva il figlio a bere.
Annuii e guardai l’ora. Erano le tre meno un quarto ed ero in maledetto ritardo. Mi alzai in fretta e finii di bere il caffè in un soffio. «Grazie per avermelo ricordato, i cessi hanno bisogno di me!» sorrisi e mi infilai il giubbotto, facendo finta di non aver visto la smorfia appena apparsa sulle labbra di Carl.
«Vedo che non hai…» tentò di dire ma lo fermai in tempo, alzando gli occhi al cielo.
«…ancora cambiato idea» continuai io per lui e mi chinai a baciare Emily sulla guancia, riempendomi le narici del suo profumo.
«Ciao Matt» lei mi sorrise «sappi che la penso come Carl!»
«Una cosa su cui siamo d’accordo amore!» esclamò lui fingendosi sorpreso e mi seguì nell’ingresso
«Non montarti troppo la testa Carl, tra poco ricomincia la solita routine» la sentii urlare da qualche parte indistinta della casa, prima di salutare con un cenno del capo Carl che aveva sbuffato pesantemente.
Uscii di casa e feci di corsa le scale. Grazie al cielo avevo parcheggiato lì vicino e non c’era neanche tanto traffico così, appena arrivai davanti all’enorme edificio, erano le tre in punto.
«In ritardo come al solito?» commentò Robert, un mio collega che stava entrando proprio in quel momento.
«Non sono un orologio svizzero» risposi un po’ troppo freddamente e lo superai, andando negli spogliatoi a cambiarmi. Quando uscii lo trovai a provarci con la donna alla reception. Feci una smorfia e mi diressi a pulire i bagni.
Ancora non sapevo il perché avessi accettato un lavoro così poco “stimolante” e, in particolare, le conseguenze che aveva portato con sé. Oltre al fatto che i miei genitori non mi rivolgevano più la parola, dovevo sopportare i continui tartassamenti di Carl che in quegli ultimi tempi utilizzava solo termini come “sfruttare” o “sottopagare”. In effetti quello era il peggior lavoro che avessi mai fatto e non solo perché dovevo pulire la merda nei bagni, ma perché ogni volta dovevo subirmi l’arrivo di principini viziati che si credevano dei della danza.
Quello era il terzo giorno dei provini e, finalmente, quel via vai di gente si sarebbe concluso.
Andai in palestra e notai già il ricco numero di persone in coda, in attesa del loro turno. Questa volta i provini si sarebbero svolti nel teatro e gli allievi si sarebbero misurati in tutte le categorie. Ero curioso di assistervi ma prima dovevo finire di pulire i bagni e le palestre. Impiegai più di due ore e se Robert, che aveva passato tutto il tempo chiuso in un stanzina con l’addetta alla reception, non mi avesse dato il cambio avrei dovuto continuare per altre due ore.
«Scusa» mi sorrise colpevole «ho avuto un contrattempo».
Gli porsi la scopa con una smorfia «immagino il tipo» commentai a bassa voce prima di allontanarmi.
Mancavano ancora metà dei provini quando arrivai. Alcuni si voltarono a guardarmi quando entrai nella stanza ma non ci feci caso e mi appoggiai al muro, osservando una ragazza sul palco che si stava esibendo in classico. Storsi il naso seguendo attentamente il movimento delle sue braccia ma, dopo una decina di secondi, quel movimento sempre uguale iniziò a darmi sui nervi.
Mi sedetti agli ultimi posti, accanto a un paio di ragazze che stavano seguendo i provini in attesa del loro posto. Non fecero obbiezioni vedendo un addetto delle pulizie in quel luogo, forse troppo prese dai provini.
Molti ragazzi erano davvero bravi, lo dovetti ammettere. In classico si erano presentati in molti ma la categoria più gettonata, come al solito, era jazz. Soprattutto i ballerini maschi si erano presentati in quest’ultima e due o tre erano davvero dei fenomeni.
«Brian Lancaster» chiamò una voce dal palco.
Si diffuse un mormorio nella stanza. Alcuni si alzarono persino in piedi e sentii sussurrare molti di loro.
«Brian Lancaster?» la ragazza alla mia destra si sporse verso le altre «quel Brian Lancaster?» urlò quasi.
Aggrottai la fronte non capendo il perché di tutto quell’interesse ma, guardandomi in giro, mi accorsi di non essere il solo.
«Si, è lui» drizzai le orecchie quando una ragazza biondina, dagli occhi spiritati, esclamò eccitata «l’ho visto al secondo provino E’ bello proprio come nelle riviste!»
Un ragazzo salì sul palco e aguzzai la vista. Era alto ma da lontano non riuscivo a vederlo bene. Notai che aveva capelli neri e un fisico ben piazzato. Sentii alcuni urletti di ragazzine e feci una smorfia.
“Manco fosse Brad Pitt” pensai e lo guardai mentre si posizionava al centro del palco.
Era un ballerino classico e già questo fatto andava a suo sfavore, aggiunto naturalmente alla sua inspiegabile popolarità tra la fauna femminile. Era bravo ma, come tutti i ballerini classici, non mi trasmetteva nulla e quando si esibì anche in altri due pezzi, moderno e jazz, lo trovai ripetitivo.
Scese dal palco, dopo aver ricevuto il solito “le faremo sapere domani”, e camminò velocemente verso l’uscita. Nel farlo molte ragazze si voltarono e guardarlo ma lui sembrò quasi non farci caso. Quando mi passò vicino per uscire dalla porta notai occhi azzurri, simili a lamine di ghiaccio, ma il momento durò poco e spalancò la porta con poca grazia.
«Dio, ho bisogno di una flebo!» urlò la ragazza al mio fianco «non sapevo che ballasse! Ero convinta che sarebbe diventato un ricco imprenditore come il padre!»
«Neanche io» rispose l’altra «se vengo presa con lui giuro che bacio il tuo cane» fu scossa da una risatina isterica ma si calmò quando venne chiamato un altro ragazzo.
Si esibirono in ordine tre ballerini di moderno ma nessuno spiccò più di tanto. Invece un ballerino di nome Aaron Wither fui certo che sarebbe stato preso. Era anche lui di moderno ma aveva un stile particolare, forse unico. Quando uscì dalla stanza fu seguito da un gruppo di amici che gli diedero ampie pacche sulla schiena, congratulandosi con lui.
«Isabel Satchel» chiamò la stessa voce e, dopo un paio di secondi, una ragazza avanzò verso il palco.
«Hip hop, giusto?» domandò un professore, squadrando la ragazza mora da capo a piedi.
Mi posizionai meglio, decisamente più interessato. Si erano esibiti solo due ragazzi di hip hop e nessuno si era rivelato un fenomeno.
Guardai curioso la ragazza che si sistemava al lato del palco e mi ricordai di lei. L’avevo incontrata ai primi provini ed ero rimasta a guardarla mentre ballava, nonostante avrei dovuto lavorare.
Era brava, decisamente brava, ma aveva un qualcosa che allo stesso tempo non mi convinceva e mi attraeva. I suoi movimenti erano “acerbi”, come se non avesse appreso appieno il possesso dell’hip hop ma era proprio questa caratteristica a rendere speciale quel movimento, perché era come se ce lo avesse nel sangue o lo sentisse particolarmente.
«Da quanto balli hip hop?» domandò lo stesso professore, l’unico che faceva domande, e capii che si trattava proprio del professore di hip hop. Aveva parlato solo due volte, in presenza di ballerini di hip hop, mentre tutti gli altri professori non avevano mai fatto alcun tipo di domanda.
«Tre anni, più o meno» rispose lei ancora con il fiatone.
«Un po’ poco» lo sentii ridere «ho letto che sei anche una ballerina classica. Abbinamento stravagante» commentò, sfogliando i fogli che aveva sotto il naso.
«Si, da quando avevo cinque anni» rispose lei meccanicamente.
«Puoi farci vedere qualcosa?» il professore inclinò la testa e le sorrise.
“Come se potesse rispondere di no” pensai con una smorfia ed incrociai le braccia per guardare l’unica ballerina di hip hop che mi aveva convito abbassarsi al livello di eseguire quella spazzatura.
Era brava ma sembrava aver perso quella scintilla che le avevo visto prima. La tecnica c’era tutta ma sembrava bloccata, come se a lei stessa non stesse piacendo ciò che stava eseguendo. Quando infatti la musica venne fermata e fu chiamata a ballare un pezzo di jazz mi sembrò quasi sollevata.
«Grazie mille, saprai i risultati domani» la ringraziò il professore di hip hop scrivendo qualcosa in un foglio e lei scese le scalette, raggiungendo un ragazzo biondo che era in attesa vicino alla porta.
Mi passò vicino e posò un bacio sulla guancia del ragazzo che la strinse a sé. Mi ritrovai a guardare i suoi capelli castani, lunghi e mossi, senza una buona ragione. Lo sguardo mi cadde inevitabilmente sui pantaloni bianchi, che lasciavano intravedere slip sulla tonalità del rosa, e sulla maglietta venuta a sollevarsi rivelando un minuscolo tatuaggio all’altezza del fianco sinistro. Non riconobbi cosa c’era scritto, poiché uscì dalla stanza con quello che doveva essere il suo ragazzo.
“Fortunato, ha un bel culo” pensai, prima di tornare a guardare i provini.
Durarono un’altra ora e l’ultimo nome ad essere chiamato fu Gabriel Hide.
Spalancai gli occhi incredulo e mi convinsi di aver sentito male. Ma quando un ragazzo alto, biondo e ben piazzato, salì sul palco ogni mia certezza crollò.
«Ce ne avete messo di tempo» guardò la commissione con un sorriso deridente, sfilandosi la felpa per rivelare braccia muscolose, ricoperte completamente da tatuaggi.
La professoressa di classico, una donna sulla quarantina e con una faccia da snob, si ritrasse disgustata, certamente scandalizzata dalla visione di tutti quei percing e tatuaggi.
«Animiamo il palco, no?» il ragazzo rise ricevendo solo sguardi freddi o perplessi.
Feci una smorfia. La sua risata era fastidiosa, quasi quanto lui. Mi ricordai di tutte quelle volte che l’avevo sentita, di tutte quelle volte che avevo provato ad imitarla, come anche quel suo modo di ballare.

C’era puzza di alcol, lo sentii ancora prima di metterci piede e, quando mi ritrovai dentro la stanza colma di gente, ritrassi il viso disgustato.
«Sei sicuro Gabriel?» domandò Edward osservando preoccupato un gruppo di ragazzi che ridevano ubriachi in fondo alla stanza.
«Si» gli occhi verdi di Gabriel si accesero di eccitazione e avanzò tra la gente «è qui, ho visto ieri il cartello ed il posto è giusto».
Deglutii e lanciai una rapida occhiata a Edward e Taylor, rimasti vicino alla porta diffidenti. Leggevo timore nel loro sguardo, lo stesso che avrei visto nei miei occhi se solo avessi avuto uno specchio per farlo. Tuttavia mi affiancai a Gabriel che avanzava sicuro verso il bancone.
«Che vuoi da bere?» domandò voltandosi verso di me.
«Non lo so» mi strinsi nelle spalle, non avendo il coraggio di dirgli che non avevo mai bevuto.
Sorrise inarcando un sopracciglio «faccio io, allora» con una risatina deridente chiamò il barista.
Sospirai e cominciai a torturarmi le mani. Ero stato un coglione ad accettare la proposta di quel ragazzo che conoscevo a malapena, inoltre ero stato ancora più stupido a venire in un locale di una città che non conoscevo affatto.
Quando Gabriel era venuto in camera nostra, a proporci di venire a fare un giro per la città, non avevo pensato alle conseguenze di quell’azione troppo preso dalla voglia di avventura. Non avevo tenuto conto il fatto che fossi in un caposcuola, a chilometri di distanza da New York. Non avevo considerato l’idea che Gabriel, noto per il suo spirito ribelle, mi avrebbe trascinato in un luogo dove tutti bevevano o si strusciavano con ragazze dai corpi lasciati in bella mostra.
«E il concorso di hip hop?» mi voltai verso di lui, sperando che ci fosse un qualcosa di normale in quel locale.
«Si tiene nell’altra stanza» rispose una voce sconosciuta, alle mie spalle.
Un ragazzo biondo con occhi azzurri e fisico muscoloso ci scrutava perplesso. Posò lo sguardo dapprima su di me e poi su Gabriel con in mano dei bicchieri «quanti anni avete ragazzi?»
«Diciotto» Gabriel gli sorrise e mi porse la bevanda.
Abbassai gli occhi e feci del mio meglio per non guardare il ragazzo in faccia. Avrebbe di certo capito che era una bugia. Di anni ne avevamo quattordici.
«Non vi posso chiedere i documenti perché non c’è un limite di età» aggrottò la fronte «spero solo che quella roba la sappiate reggere».
Edward e Taylor ci raggiunsero «quando inizia il concorso? Voglio vederti ballare Gab!» esclamarono, felici di averci trovato.
«Non lo so» Gabriel alzò con noncuranza le spalle e bevve un sorso, prima di voltarsi verso di me con fare beffardo «non bevi Matt?»
Sobbalzai rendendomi conto della bevanda inerte nelle mie mani. Me la portai alle labbra meccanicamente e per poco non soffocai ma, grazie al cielo, nessuno se ne accorse anche se ebbi l’impressione di vedere una luce divertita negli occhi verdi di Gabriel.
«Per il concorso è già iniziato» il ragazzo ci indicò una folla che guardava nella sala adiacente «si stanno già esibendo, dovrei andare anche io ora che ci penso. Sean mi starà cercando…» pensò tra se e se e si avviò lontano.
Gabriel si alzò in piedi e lo seguì. Guardai in direzione degli altri miei due amici che annuirono e insieme seguimmo Gabriel.
Musica a palla, corpi che si muovevano, urla e sudore.
Guardai ipnotizzato un gruppo di ragazzi che si esibivano al centro, muovendosi con una velocità da far paura. Gabriel rise e avanzò fino ad arrivare davanti ad un bancone dove un ragazzo stava prendendo dei nomi.
«Mi vorrei iscrivere» urlò per sovrastare la musica, con un tono di voce che non ammetteva repliche.
«Ci si esibisce in gruppo, minimo due persone» rispose il ragazzo, guardandolo annoiato, «se non hai uno o più compagni sloggia».
«Sui biglietti c’er…» provò a dire lui con rabbia.
«Sloggia se non ti va bene» continuò l’altro imperterrito e lo congedò con un cenno del capo ma Gabriel non si arrese e posò i gomiti sul banco «ce l’ho un compagno. Scrivi Gabriel Hide e Matt Riven».
Per poco non caddi, trasalendo.
Aveva fatto il mio nome?
Guardai Gabriel che si allontanava con fare soddisfatto e, quando fummo più vicini, lo feci girare con rabbia.
«Ma sei scemo? Che cazzo ti è saltato in testa? Io non so ballare!!» urlai con voce stridula, tanto che anche Edward e Taylor indietreggiarono ma mostravano il mio stesso stupore.
«Non preoccuparti» Gabriel mi diede una pacca sulla schiena, tranquillo e menefreghista come al solito «andrà benissimo. Bevi e vedrai come ti sentirai dopo» fece, non degnandomi di un’occhiata.
Lo guardai incredulo ma non aggiunsi altro. Non avevo mai ballato in vita mia ed avrei fatto la figura del coglione di fronte a tutti.
Portai il bicchiere alle labbra, non sapendo cosa altro fare. Forse se mi fossi ubriacato la mattina dopo non mi sarei ricordato della figura di merda. Nei film, per lo meno, accadeva così. Pian piano che andavo avanti la testa però iniziò a girare e a stanza si fece più sfocata.
«Ora invitiamo sul palco quattro ragazzi di Miami» urlò un ragazzo, saltando sopra il palco e applaudendo con foga «Sean, Mark, Daniel e Justin! Direttamente da Miami qui a Los Angels!»
Quattro ragazzi avanzarono e riconobbi al centro lo stesso biondino di prima, affiancato da tre ragazzi mori, della sua stessa stazza. Erano bravissimi, così maledettamente bravi che persino Gabriel dovette ammetterlo, nonostante avesse passato tutto il tempo a prendere per il culo i partecipanti.
Quando finirono il palco fu riempito da urla e applausi e i quattro vennero circondati.
«Gran bella esibizione! E ora tocca a due ragazzi: Gabriel Hide e Matt Riven!»
Sputai un sorso di bevanda, prendendo in considerazione l’idea di fuggire. Ma le mani di Gabriel, strette sul mio polso, mi impedirono di andare via e fui costretto a seguirlo nel palco.
«In bocca al lupo» il ragazzo biondo di prima ci fece un sorriso.
Non riuscii neanche a muovere bocca e mi posizionai sopra il palco. La testa girava come la ruota delle giostre e quelle persone che ballavano sotto di me non aiutavano a migliorare la situazione.
La musica partì e il mio cuore si fermò.
Gabriel si muoveva al mio fianco. Aveva preso a ballare, senza curarsi minimamente di me. Sentii alcune risate e gli occhi di tutta la gente fissi sul mio corpo immobile. Guardai di nuovo verso Gabriel che continuò a non considerarmi. I suoi piedi si muovevano senza sosta e cercai di imitarli.
Risate più forti, assordanti. La stanza girava. L’alcol era arrivato al cervello. Sudavo. La testa scoppiava.
Presi a muovermi. Le risate crebbero di intensità, sempre di più. I volti erano tutti vissi sul mio corpo, sulle mie braccia che cercarono di imitare quelle di Gabriel ma non ci riuscirono e allora presero a muoversi da sole. Anche i piedi presero a muoversi da soli, in una danza dapprima imbarazzante e incerta.
Ritmo, danza.
Gabriel si era fermato e mi guardava, come tutti gli altri.
Urla, musica, applausi.
Le persone presero a muoversi come un unico corpo, come se stessero imitando qualcuno. Saltavano, incrociavano i piedi, ruotavano su loro stesse e alzavano le bracca. Le mie braccia, i miei piedi, il mio corpo.
Scesi già dal palco e fui travolto da un’orda di persone. Si accalcarono per riuscire a toccare un lembo della mia pelle, un capello o qualsiasi altra cosa. Si muovevano intorno a me, ballavano come me.
La stanza girava, la musica si fece più debole, i visi più sfocati.
L’ultima cosa che riuscii a vedere fu il volto stupefatto di Gabriel e poi nient’altro, tranne che il buio.
«Stai bene?» qualcosa di umido sfiorò la mia guancia.
Aprii una palpebra e riconobbi solo due occhi verdi prima di richiuderli con forza.
«Allora?» continuò la voce sconosciuta.
«Cazzo Mark, se non ti risponde secondo te come sta?» una seconda voce si aggiunse alla prima e avvertii il tocco di una mano sulla mia spalla «era la prima volta che beveva?»
«Si, penso di si» rispose una voce conosciuta, che presi come quella di Gabriel.
Aprii li occhi e mi resi conto di essere in una stanza buia, con quattro persone in ginocchio e tre in piedi. Notai la figura di Gabriel, immobile davanti a me, mentre quelle di Edward e Taylor erano appoggiate al muro.
Chinati su di me c’erano i quattro ragazzi del gruppo di hip hop e il più giovane, con occhi verdi e capelli neri, mi stava bagnando il viso.
«Mark, ha aperto gli occhi!» urlò il biondo e strappò lo straccio dalla mano di Mark.
«Come stai?» domandò un terzo, proprio alla mia testa.
Mi voltai verso di lui, incontrando due occhi color nocciola tendenti al nero.
Tentai di rispondere ma il quarto ragazzo sbuffò «e poi era mio cugino quello dalle domande stupide Daniel? Gli puoi chiedere “come stai?”»
«Ora è sveglio, prima no » rispose Daniel, con una smorfia «è inutile che fai l’acido solo perché questo ragazzino ti ha battuto caro Sean».
«Se ha battuto lui ha battuto pure noi tre» si aggiunse il biondo.
Non capii di cosa stessero parlando e cercai di alzarmi. Fu piuttosto difficile ma le braccia muscolose di Mark e Sean mi sorressero.
«Vuoi qualcosa da bere?» domandò Mark, premuroso.
Tra tutti e quattro era il più magro, dall’aspetto docile. Al contrario Sean era un macigno ma i due avevano gli stessi lineamenti, come se fossero parenti.
«E’ mio cugino» spiegò Mark notando il mio sguardo che andava da lui a Sean «io sono Mark, lui è Sean» mi sorrise e mi indicò gli altri due «il biondo è Justin e quello brutto è Daniel».
Daniel lo incenerì con lo sguardo «vai a cagare» si voltò verso di me e aggrottò la fronte «quanti anni hai ragazzino?»
«Quindici» deglutii e non guardai Gabriel che aveva storto il viso proprio in quel momento.
«Ah, ecco» Justin rise «e vi spacciavate per diciottenni?» si voltò furente verso di Gabriel che scrollò le spalle.
«Io l’alcol lo reggo benissimo» riabbatté e mi lanciò un’occhiata sprezzante.
«Da quanto balli?» Daniel non parve neanche notare la presenza di Gabriel e continuò a rivolgersi a me.
Arrossii e mi grattai il mento, mentre tutti e quattro mi guardavano affascinati, persino Sean che sembrava essere il più fredda tra tutti. La testa girava e sentivo la voglia di vomitare.
«Da..da mai» balbettai, appoggiandomi alla spalla di Mark.
Justin rise «senti ragazzino, ti lascio passare l’età falsa ma questa no!» si volò verso Mak per cercare appoggio e ricevette un cenno di assenso.
Sean mi guardò poco convinto mentre Daniel si era avvicinato affascinato «non mi stai prendendo per il culo, vero?»
Lo guardai dritto negli occhi. Erano scuri, profondi e seri. Una sensazione strana, a cui mai sarei riuscito a dare un nome, mi avvolse il corpo e scossi la testa.
Daniel sorrise «dio, ci siamo lasciati battere da un quindicenne che non ha mai ballato!»
Gli altri tre parvero ancora scossi, forse non credendomi, ma in quel momento poco importava.
Guardai Gabriel, sperando in una sua parola o cenno, ma ricevetti solo uno sguardo accigliato. F lui il primo a distogliere lo sguardo e guardò l’ora «dobbiamo tornare in albergo» fece un cenno a Edward e Taylor che lo seguirono verso la porta.
Mi mossi anche io, barcollando, ma la mano di Daniel me lo impedì. Lo guardai confuso e notai che non stava osservando me, ma aveva gli occhi fissi sulla schiena di Gabriel, guardandola quasi con odio.
«Stai attento al tuo amico» sussurrò, stringendo i denti «mi raccomando».
Aggrottai la fronte confuso. La sua mano scivolò via dal mio polso e le sue labbra si sollevarono in un sorriso caldo, come se stessimo parlando normalmente.
«Mi ha fatto piacere conoscerti, Matt» mi strinse la mano con forza, gli occhi marroni fissi sui miei, «sento che ci rincontreremo».
Gli sorrisi titubante e strinsi forte anche io, voltandomi per uscire via dalla stanza.
Mentre mi giravo a salutarli per l’ultima volta, non potei minimamente immaginare quanto avesse ragione.
Su tutto.


Quando finì di ballare scese con poca grazia dal palco e raggiunse un paio di amici che lo attendevano lì vicino. Si scambiarono pacche sulla schiena e risate entusiaste, avviandosi verso l’uscita.
Abbassai lo sguardo e lo posai a terra, stringendo con così tanta forza la mano stretta a pugno che mi feci male. Mi passò vicino, così vicino che riuscii a sentire la puzza di fumo.
Ma non sentii la puzza di marcio che risiedeva dentro il suo corpo…quella però la conoscevo troppo bene.



Capitolo scritto prima del previsto perché ero davvero ispirata. Penso che, essendo la storia di Matt modificata di molto rispetto all’originale, mi piacerà di più…
Sean, Daniel, Justin e Mark vi ricordano qualcuno? :lol: Non potevo non mettere i fantastici quattro! Mark e Daniel poi hanno i nomi più vicini agli originali XD
Gabriel anche è un po’ la rivisitazione di un personaggio di venvi original. Sarebbe Luca, l’amico di Adry, ma naturalmente il carattere e il rapporto che ha con Matt è diversissimo.
Brian Lancaster? Non so se ricordate la fan fiction a quattro con Mari, Sabri e Pans...
Avrebbe un po’ lo stesso carattere di Luca Napolitano XD


Edited by ‚lady snow - 11/9/2010, 17:49
 
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Stellìì;
CAT_IMG Posted on 5/3/2010, 17:15




Premetto che ho paura di confondermi con i nomi xD
Ormai sono abituata agli altri,e la vedo dura,memorizzarmi tutti quelli nuovi e associarli xD
Povera Kris :(
All'inizio ho pensato che fosse Elena,ma poi ho letto quello che avevi critto quindi niente. xD
Il capitolo è bello,sul serio :)
Secondo me,la storia viene fuori un successone xD
Mi sà che ho scritto solo un mare di cavolate xD
 
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lovejero
CAT_IMG Posted on 5/3/2010, 17:17




ed ecco il mio commento!
Perdonami, però, avendo letto venvi non posso fare a meno di fare paragoni....
Innanzitutto partiamo dall'inizio: mentre in venvi ci sono il prologo e prefazione e primo capitolo che sono di un enigma assurdo, qui il primo capitolo appare molto più lineare.
Si comincia aintravedere qualcosa dei personaggi: Isabel era una ballerina classica..e ora fa i provini per hip hop. Questo passaggio di categoria fa pensare che ci sia stato qualcosa o qualcuno dietro..che ancora deve arrivare!
E poi...qui Isabel è molto più...simpatica?!?
Nel senso che sembra molto più aperta, più disponibile, senza quell'aria snob che l'ha caratterizzata nei provini di venvi.
Anche john è diverso dal solito jon....l'ho trovato più "sorridente"!
L'hai fatto apposta o ti è uscito del tutto spontaneo?
Perchè io ho percepito questi "cambiamenti"....so bene che sarà diversa da venvi, e anzi...noi non ci scervelleremo perchè sappiamo come va la storia...ma è ugualmente una sorpresa leggerla nella versione rivisitata!
Vado a leggere il secondo capitolo!
 
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lovejero
CAT_IMG Posted on 5/3/2010, 17:33




Qui invece si conosce un po' di più Matt/Adry.
Devo dire che non avevo riconosciuto Gabriel come Luca.
E per Brian...beh, quella ff non l'ho letta! Era sul vecchio forum pure quella?!? Peccato, perchè a me Luca è sempre piaciuto!
Mi piace il fatto che abbia rivisto la storia tra Daniel e Matt....forse, il fatto che erano fratelli complicava un po' le cose rendendole difficili...quindi va bene così!
E Matt....come ci è finito a fare le pulizie alla Boston Ballet?
E soprattutto....com'è che ha ballato come se nulla fosse?
Questione di genetica o talento innato?!?

Posso farti una piccola critica?
Secondo me ti sei persa troppo a parlare e descrivere le ragazzine che sbavano dietro a Brian. Non so, ma non l'ho trovato molto utile per la storia. A meno che non sia il contrario, allora.....chiedo perdono!!!
 
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Stellìì;
CAT_IMG Posted on 5/3/2010, 18:15




Ecco un altri mio commento completamente inutile xD
Per foruna che hai detto che Gabriel era un sosia di Luca,sennò mi sarei scervellata inutilmente xD
E' strano che Daniel e Matt (che fatica scriverlo xD) non siano fratelli..almeno a me fa strano..soprattutto perchè penso all'altra storia.
E già qui la storia sarà diversa,e forse ci saranno un pò meno casini,e sensi di colpa..(Ho detto una cavolata,lo so già!)
Ora comincia la mia sfilza di domande..
Perchè Matt pulisce i cessi?
Perchè non balla?
E perchè a quattordic'anni senza aver mai ballato prima,balla come se fosse la cosa piu normale del mondo?
Bene xD
:)
 
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,ciri
CAT_IMG Posted on 6/3/2010, 10:43




Teso non c'ho capito una mazza o.O
con tutti sti nomi rimodificati sto andando in crisi o.O
seriamente o.O
cioè..
allora..
Daniel è Davide..
Mark è Marco ..e fino a qui ci siamo..
Sean e Justin non so chi di due sia Dario e chi Francesco o.O
veramente pensavo che Gabriel fosse Dario XD
teso XD fammi una legenda e poi lo rileggo XD
cosi ci capisco qualcosa XD
 
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CAT_IMG Posted on 6/3/2010, 17:23


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Oddiooooooooooo! Non so da dove cominciare a rispondere! Vedo che avete frainteso molte cose (non frainteso...perchè in effetti nel capitolo non ci sono scritte) ma io nel forum di Adry ho spiegato la differenza tra questa storia e l'altra...
Ve le dico anche se per tenervi sulle spine potrei non farlo ma tanto voi la storia la sapete!
In pratica mi è stato difficile scegliere di cambiare le cose tra Adriano e Davide ma dovevo per forza farlo, perchè è impossibile che Isabel non si ricordi un dannato cognome. Quindi la mia mente contorta è arrivata a due possibili soluzioni:
1) Farli amici
2) Fratelli che non sanno di esserlo.
Farli amici avrebbe rovinato tutto il senso della storia, a partire dal fatto della danza (che comunque hanno nel sangue entrambi e molto più Matt che Daniel) ma farli fratelli in questo modo è a dir poco difficile. Ho scelto la seconda e pian piano vedrete la storia svilupparsi. Ho scelto anche questa seconda opzione per creare una sorta di "ponte" tra la storia di Isabel e quella di Adriano che in venvi ho fatto ma in modo molto più sottile. Diciamo che in venvi 1, vi sarete accorte anche voi, ci sono alcuni punti in collegamento tra la storia di Isabel e Adriano e non parlo di Davide ma parlo della perdita di persone importanti e qualcos'altro che è il tema un po' di tutta la storia (che scoprirete nella verità XD)
Per quanto riguarda i nomi vi capisco. Io stavo per scrivere Adriano più di una ventina di volte XD Per non parlare poi di Daniel e compagnia bella (a proposito ciri...Justin è biondo quindi corrisponde a Francesco e poi ho anche scritto che Mark e Sean sono cugini, proprio come Marco e Dario).
 
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CAT_IMG Posted on 6/3/2010, 17:32


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CITAZIONE (lovejero @ 5/3/2010, 17:17)
E poi...qui Isabel è molto più...simpatica?!?
Nel senso che sembra molto più aperta, più disponibile, senza quell'aria snob che l'ha caratterizzata nei provini di venvi.
Anche john è diverso dal solito jon....l'ho trovato più "sorridente"!
L'hai fatto apposta o ti è uscito del tutto spontaneo?

Diciamo che mi sono promessa di sviluppare la trama passo per passo. Anche i ricordi seguiranno una specie di ordine (non sempre però...perchè naturalmente non posso scriverne 10 iniziarli con John e poi passare alla fase successiva con Daniel) proprio come il carattere dei personaggi. Ora qui sembra tutto normale, in particolare se confrontiamo questo primo capitolo con quell'altro dove ad Isabel bastava guardarsi in giro per piangere l'assenza di Jon...
L'assenza del prologo è, per voi, una grave perdita. Dal prologo si capiva tutto. Ho preferito non scriverlo perchè mi rendo conto di esser stata troppo buona in venvi 1 ( XD) e anche perchè se mai volessi infilarcelo dentro la storia lo farei solo arrivata al punto in cui ci arrivo per davvero (e, al contrario dell'altra storia, non so minimamente come far andare Matt da John...e non ho neanche intenzione di farcelo andare...è un enigma e in questo momento preferisco non pensare ad una soluzione, c'è tempo e mi inventerò qualcosa)
 
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,ciri
CAT_IMG Posted on 7/3/2010, 13:49




CITAZIONE
a proposito ciri...Justin è biondo quindi corrisponde a Francesco

e fino a qui ci siamo (:
CITAZIONE
poi ho anche scritto che Mark e Sean sono cugini, proprio come Marco e Dario

ma perche sono cugini?o.O
non lo sapevo o.O
ci sono rimasta male o.O


mo rileggo tutto e vedo di capirci qualcosa XD
ma Gabriel quindi è Luca??
 
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CAT_IMG Posted on 7/3/2010, 14:14


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CITAZIONE (,ciri @ 7/3/2010, 13:49)
CITAZIONE
a proposito ciri...Justin è biondo quindi corrisponde a Francesco

e fino a qui ci siamo (:
CITAZIONE
poi ho anche scritto che Mark e Sean sono cugini, proprio come Marco e Dario

ma perche sono cugini?o.O
non lo sapevo o.O
ci sono rimasta male o.O


mo rileggo tutto e vedo di capirci qualcosa XD
ma Gabriel quindi è Luca??

Se volete trovare una sorta di collegamento si...ma Luca (amico di Adry, non Napolitano) è mille volte meglio e poi gli ha solo fregato la ragazza. Gabriel è proprio stronzo XD
 
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